Priori fiorentini e accordi con i lucchesi di fine 400 e ai tempi della repubblica

Dal 1494 al 1498 Firenze si proclamò repubblica di diritto e di fatto e si liberò dai Medici che però ripresero il governo dal 1512 al 1527. Fu di nuovo repubblica dal 1527 al 1530, cioè fino all’assedio della città, e divenne ducato mediceo dal 1532 in poi. Attraversò guerre, sedizioni e perturbamenti che sono stati descritti dai cronisti, dagli storici e pure dai romanzieri ...

In ottica minore, nel campo degli archivi, due pergamene ricordano i nomi alcuni dei cittadini influenti della città e anche dei fatti interessanti. Datano agosto 1490 e agosto 1509.
Nella prima il testo riporta la vicenda personale del pisano Mariotto del fu Ascanio di Benedetto Lanfranchi che impetrò al governo fiorentino di poter tornare a Pisa dopo anni di dimora fuori dello stato. Ottenne il rimpatrio per volontà dei dodici priori della Libertà e del gonfaloniere di Giustizia, con il consenso dei Dodici Buoni Uomini e di alcuni conservatori. Fu condizionato dal previo pagamento di tasse imposte a lui e agli eredi di Deifobo di Benedetto, lo zio dal nome colto e originale.

I priori della Libertà scritti nella pergamena, in carica nel luglio-agosto, furono questi:
– Bastiano di Lazzaro di Bastiano [Brancacci]
– Matteo di Antonio di Simone dei Benozzi
– Latino di Giovanni di Latino dei Pilli [Pigli]
– Michele di Benedetto di maestro Galileo dei Galilei
– Rosso di Gentile di Valorino da Sommaia
– Giovanni di Bernardo di Domenico dei Mazzinghi
– Filippo di Giovanni di Filippo dei Tanagli
– Paolo di Antonio di Zenobio del Giocondo.
Vessillifero di Giustizia fu Piero di Francesco di Piero degli Alamanni. Notaio “adiutore” di ser Giovanni di ser Bartolomeo dei Guidi scriba fu Bartolommeo del fu Andrea di Paolo dei Paoli (cfr. i nomi con l’elenco del Lami, Delizie degli eruditi, p. 57-58)
Mariotto, che nel 1486 si trovava a Palermo a praticare quel commercio marittimo in cui le famiglie pisane erano le primarie o quasi, rientrato in patria dovette faticare non poco per riavere i suoi beni tanto da richiedere e ottenere nel 1492 un intervento di Alessandro VI per imporre ai vescovi di Pistoia, Lucca e Volterra la restituzione di quanto toltogli. Nel 1496 fu tra i pisani ribellatisi ai fiorentini dopo l’arrivo di Carlo VIII di Valois. La sua città visse una situazione di grande criticità e pericolo durati dal 1494 al 1509.

La carta dell’agosto 1509 fu scritta al tempo della ‘successiva’ repubblica fiorentina. Da poco Firenze aveva stipulato una nuova lega con Lucca che da parte sua aveva tolto ogni aiuto alla ribelle Pisa cedendo alla forza maggiore dei danni fatti dai fiorentini al suo contado e per il silenzio dei potenti interpellati per un aiuto (Massimiliano d’Austria da cui formalmente dipendevano i privilegi e la libertà della città), il papa, la Francia, Genova e Siena.

Il 24 luglio Lucca aveva liberato 93 uomini condannati e banditi della montagna di Pistoia (sotto il dominio fiorentino) e chiedeva all’ex antagonista di fare altrettanto con i lucchesi banditi da parte sua. I provvedimenti a Firenze furono presi dai Priori della Libertà, cioè da:
[per il quartiere di Santo Spirito] – Benedetto di Bernado di Paolo dei Lotti e Ludovico di Tommaso di Bernardo degli Antinori
[per il quartiere di Santa Croce] – Carlo di Rayneri di Francesco dei Bagnesi e Mainardo di Bartolomeo di Mainardo dei Cavalcanti
[per il quartiere di Santa Maria Novella] – Bernardo di Monte di Iacobo dei Monti e Paolo di Francesco di Paolo dei Pasquini
[per il quartiere di San Giovanni] – Bernardo di Benvenuto di Bartolomeo del Bianco e Nicolò di dom. Pietro di dom. Andrea dei “Pactiis”.
Vessillifero di Giustizia perpetuo era Pietro di dom. Tommaso dei Soderini († 1522).

La suddetta pergamena mostra anche una parte in volgare (trascrivo):
“Essendosi sotto dì XXIIII del mese di luglio proxime passato per la comunità di Lucha ribanditi e liberati sanza alchuna spesa novanta tre huomini incircha della montagna di Pistoia, i quali in vati tempi et per i potestà et altri ufici di Lucha erano stati sbanditi e condennati, chi in persona, chi in danari et chi in altre pene come più largamente nelle condennagioni loro si contiene, et essendo tale liberatione loro stata fatta con conditione che versa vice per la excelsa republica fiorentina infra XXI dì o al più infra 30 dì di allora proxime sequenti si dovessi similmente sanza alchuna spesa ribandire et liberare tutti li huomini luchesi e del contado, forza et distretto di Lucha e quali si truovano essere stati sbanditi et condennati pe’ capitani della decta montagna di Pistoia, chiamati da luchesi l’uficio delle dieci terre della decta montagna in pena pecuniaria o personale o mixta per qualunque cagione, delitto o excesso et che chi per tale cagione si trovassi incarcerato, dovessi dalle carcere essere relassato et non altrimenti in alchuno modo come di tale ribandimento et liberatione (***) predicta ne appare scriptura soscripta per mano del cancelliere de’ magnifici anziani di Lucha.
Et desiderando i magnifici et eccellentissimi signori che tal cosa sortischa l’effecto suo, sì per pace et quiete degl’huomini di decta montagna di Pistoia, dalli ambasciatori de’ quali ne sono stati sommatamente pregati, si credis per corraboratione della amicitia et confederazione ultimamente facta da’ luchesi, per tanto provideno e ordinano:
Che per virtù della presente provisione tucti gl’huomini luchesi et del contado, forza et distretto di Lucha e quali pe’ capitani della decta montagna di Pistoia et loro uficio et corte solamente si truovano esser et sono sbanditi et condennati in pena pecuniaria o personale o mixta per qualcunque cagione, delitto o excesso, s’intendino essere et sieno ribanditi et liberi et absoluti da qualunque loro bando, condennagione et sententia per ciò data; et possino et debbino senza alchuna loro spesa ordinaria o extraordinaria essere cancellati de libri di camera, et in ogni et qualunque altro luogho, dove perciò fussino et apparissino descripti, et se alchuno di loro si trovassi al presente per tal cagione essere incarcerato possi et debbi da tali tali carceri essere liberamente rilassato, et così come di sopra si dice si possi et debbi osservare per quelli a’ quali s’appartenessi lecitamente et sanza preiudicio alchuno”.

Sottoscrisse il provvedimento Nicolò del fu Alterio di Nicolò di dom. Nello da San Gimignano coadiutore di Francesco di Ottaviano di Arezzo cancelliere “reformationum consiliorum” della repubblica di Firenze.

Paola Ircani Menichini, 19 settembre 2025. Tutti i diritti riservati.




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